Mare Dentro

Mare Dentro – Alejandro Amenábar – 2004

L’eutanasia, la voglia di riscatto e la libertà sognata

Ti colpisce dentro. Nel profondo. Mare Dentro è un film che riesce a toccare strati nascosti, portarli alla superficie e far riflettere su un tema scottante, delicato, da alcuni addirittura additato come tabù. La morte. E la voglia di morire.

Ma per parlare di morte bisogna sempre parlare anche di vita e di amore. E maestosamente, questo film parla di vita e d’amore più di qualunque altro.

Tratto dalla storia vera di Ramon Sampredo, scrittore spagnolo che rimase tetraplegico all’età di 25 anni in seguito ad un tuffo in mare, il film narra la lotta di questo uomo per il riconoscimento del suicidio assistito, una battaglia legale che portò avanti per quasi 30 anni.

Sostenuto dal fratello e da Julia, avvocatessa affetta anch’essa da una malattia neurodegenerativa, Ramon aprirà un caso mediatico sul diritto all’eutanasia che coinvolgerà il governo spagnolo e la Chiesa in un urlo disperato per riappropriarsi della propria libertà.

Non è facile parlare di eutanasia addirittura ci si trova in imbarazzo oltre che in difetto nel voler prendere un opinione al riguardo ma personalmente quest’opera è stata capace di aprirmi gli occhi, laddove erano già socchiusi, su un tema così scomodo. Addirittura è stata capace di infondermi un giudizio e non è cosa da poco. Amenábar, però, lascia allo spettatore ogni sorta di parere. Lui racconta. E noi vediamo, carpiamo. Il resto è tutto opinabile.

Dietro la finestra della sua camera, Ramon può scorgere il mondo fuori, dentro questa finestra noi invece possiamo entrare nella sua vita. Da qui si affacciano personaggi, pensieri e opinioni e reazioni. Possiamo palpare il dolore e la sofferenza di Ramon e dei suoi cari, possiamo scorgere l’amore, scavato e alterato come quello tra lui e Julia, la donna che vorrebbe aiutarlo a morire ma che poi, all’ultimo, si tira indietro, possiamo ascoltare conversazioni come quella che Ramon intrattiene con un vicario della Chiesa anch’esso costretto su una sedia a rotelle.

Una libertà che elimina la vita non è una libertà” ma “Una vita che elimina la libertà non è vita”.

Un botta e risposta che non può che raggelare, aprire una voragine, tra vita e morte, tra scelta e lasciarsi scegliere, tra assenza e presenza.

Quello che è vita e quello che non lo è

Quello a cui Amenábar ci fa assistere sono i pensieri, l’animo ed il coraggio di Ramon: le sue osservazioni, la sua comprensione e le sue infinite riflessioni. Di quello che è vita e di quello che non lo è. Tutto attraverso l’occhio di una macchina da presa che indaga in maniera completa, pulita, profonda, vera ed esplicita, con tutti i sensi e con tutta la lucidità possibile.

Accanto all’occhio-obiettivo però si staglia anche l’occhio-visionario. Ramon sogna di poter ri-nuotare in quel mare che gli ha tolto ogni forma vitale. Ritornare nella sua pancia per sempre, lasciandosi cullare inerme tra le sue onde. Sogna di potersi alzare da quel letto divenuto ormai prigione e volare da quella finestra che rappresenta al tempo stesso punto di limite e slancio verso la libertà: attraversare i campi, sovrastare le montagne, lasciandosi sfiorare dalle fronde degli alberi ed infine arrivare al mare. Camminare sulla sua sabbia e inseguire un amore. E una scena del film, la più epica, la più emozionante scandita da una leggiadra “Nessun Dorma” inneggia a questo sogno, che purtroppo, rimane solo tale.

Voto 8/10

#limiti #sofferenza #libertà

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